← / Di Fupete
Elogio per il mio museo della notte
Penna invitata
“Sono solo. Sto camminando verso il mare tra piccoli cespugli di ginepro, scendendo un’alta duna di sabbia compatta, chiara e polverosa. Guardo dove metto i piedi mentre cammino, scalzo. Mi avvicino a dei rami piantati nella sabbia, levigati dall’acqua e dal sale devono essere molto più leggeri di come appaiono. Così verticali sembrano piantati però so che stanno fluttuando. Fluttuano nell’aria a pochi centimetri, sono molti. Formano una struttura quasi circolare grande sette o otto metri, tra un legno e l’altro ci sono dai cinquanta centimetri ad un metro, ogni legno sarà un metro e mezzo un metro e ottanta forse poco più con un diametro di qualche centimetro non proprio dritti e tutti uguali per colore, tipo di legno e curvature ma simili. Ci deve essere uno schema ben preciso ma dovrei vedere il sito dall’alto per capirci qualcosa. C’è il sole e il cielo azzurro chiaro come nelle migliori giornate d’estate, dev’essere mattina. Giro attorno al sito dei legni fluttuanti andando verso sinistra in senso orario, il mio obiettivo è il mare li in basso ad un centinaio di metri, un quarto di giro e riprendo la discesa sul sentiero. Il mare blu. La coda dell’occhio destro è sulla struttura. Visione periferica. Quando sto per tornare a pieno al mio proposito di scendere pronuncio un nome. Sì sì lo pronuncio io e lo faccio ad alta voce. Ho chiamato qualcuno. Percepisco qualcosa che cambia, un po’ come quando Predator era invisibile avete presente? L’aria si muove. Un velo trasparente specchia la realtà e si muove. Ecco così. Il nome? Quale nome? Ah sì il nome che chiamo. Il nome non lo ricordo, buio, cancellato. I legni ora sono uomini e donne. Con carne ed ossa. Parlano, ridono. Sono vestiti poco e con pezzi di pelli, teli, cinte. A piedi nudi e qualcuno forse con vecchie infradito. Sono belli e solari, barbe incolte e capelli lunghi i più. Bruciati dal sale e dal sole. Molti giovani. Un paio di vecchi dai capelli bianchi. Non riesco a mettere a fuoco sui dettagli. C’è qualcosa di rituale. Un ritmo di fondo nelle voci. Ho freddo alle mani, devo avere le braccia addormentate.” — Sogno storie visive coi colori bruciati delle pellicole scadute. Da bambino spesso avevo una fifa tremenda poi da quando faccio l’artista sono diventato curioso, prendo appunti furtivi nella notte e li uso per i miei disegni. Negli ultimi anni a volte riesco a capire di star sognando, a svegliare solo quel poco di coscienza che serve, non è che sia bravo a farlo è solo che a volte capita, ed è li che arriva l’illuminazione, qualche ghiandola da qualche parte nel corpo produce qualche sostanza del piacere e senti del calore che si irradia dal centro più profondo. T’illumini insomma. Io penso che i sogni siano come le migliori opere d’arte: molti livelli di lettura, una superficie astratta e significati in profondità, oscuri ma colorati, sfuggono, semplificano. E poi il simbolismo e la narrazione non lineare. È come avere a disposizione ogni notte una nuova opera viva, in divenire, da appendere nel nostro personale e surrealista museo della notte. Tutti noi. Un’opinione? Sognare è una figata. Bene, buoni sogni.
Indie Rocks!, Mexico 2012